PARIGI DAKAR
Essere alla guida del proprio mezzo, a due o quattro ruote nel deserto, credo sia una bella sensazione. Se tutto fila liscio. Perdersi però, rende tutto più complicato.
A volte però, non tutto il male viene per nuocere. L’esperienza di Thierry Sabine, infatti, lo portò ad organizzare il più famoso rally raid del mondo. Era il 1976, quando il pilota di auto francese, si perse nel deserto sahariano durante una competizione e tre anni dopo, nel 1979, partì la prima Parigi-Dakar. Fu tale per le prime dieci edizioni. Stesso percorso. Negli anni vennero cambiate le destinazioni e le partenze. Nel 1992, per esempio, l’arrivo fu a Città del Capo in Sud Africa; nel 1997 fu una corsa solo africana, con partenza e arrivo a Dakar passando da Agadez (Nigeria). Gli Anni duemila furono caratterizzati da partenze in varie capitali europee; nel 2003 divenne la Marsiglia-Sharm el Sheik
la Parigi Dakar cambia continenete
Nel 2008, a causa di problemi organizzativi la Parigi Dakar fu sospesa, per riprendere l’anno successivo in Sud America, tra Argentina e Cile prima, includendo poi, anche Perù e Bolivia. Sabbia e dune vennero sostituite da un deserto roccioso, arido e ricco di sterrati ad alta quota. Dalla metà degli Anni Ottanta, la Parigi Dakar la seguivo grazie ai vari programmi televisivi dedicati, restavo incollato allo schermo, rapito da queste moto bellissime e velocissime, che sembrava sfiorassero appena la sabbia; affascinato dai piloti, costantemente in piedi, con le loro cartine sul manubrio.
GLI EROI DELLA PARIGI DAKAR
Il decennio 1986-1987, fu elettrizzante per i colori azzurri, Cagiva fu vincitrice per ben due edizioni (1990, 1994) pilotata da Edi Orioli, vincitore anche nel 1988 con la Honda e nel 1996 con la Yamaha. Indimenticabile Fabrizio Meoni, scomparso nel 2005 a seguito di una brutta caduta, durante la sua tredicesima partecipazione e vincitore nel 2001 e 2002 con Ktm. Indimenticabile (o quasi), anche l’episodio accorso a Mark Tatcher, figlio dell’allora Primo Ministro Inglese, nel 1982, disperso nel Sahara con la sua Peugeot 504. Il ritrovamento fu grazie ad un Hercules C130 algerino, dopo una costosissima missione.
In realtà, tutti possono partecipare al raid , anche gli indipendenti. Il problema può essere l’iscrizione (sicuramente non lo fu per Mark), se non si ha uno sponsor. Le spese sono legate al trasporto della moto, volo andata e ritorno per pilota e (almeno) un meccanico, benzina, imprevisti e i principali pezzi di ricambio. Il tutto per una, non modica, cifra di circa 70mila €. Quindi, per molti ma non per tutti.
Mentre scrivo è partita la 40esima edizione della Parigi Dakar, dal 6 al 20 gennaio, con partenza da Lima, in Perù; attraverso La Paz in Bolivia e arrivo a Cordoba in Argentina. I cinquecento partecipanti, tra cui 139 moto, si dovranno districare su un percorso di 9000km.
Insomma, cambiano i percorsi ma il fascino della gara (e il nome), restano invariati.
22 commenti su “Parigi Dakar”
L’esempio lampante di come da ciò che può sembrare un inconveniente, ne nascono invece cose nuove e belle!
Verissimo, alcune persone sono predestinate, niente per caso. Credo…
Che bello! Se sapessi guidare la moto, penso che questa esperienza piacerebbe tanto anche a me!
Guarda, mi accontenterei di guidare su una comune spiaggia, in assoluta tranquillità. Senza cadere…
Come si fa a non conoscere la Parigi Dakar… Un mito, un’icona dei veri viaggiatori. Non sono una motociclista ma posso immaginare l’emozione, anche solo nell’immaginare questo magnifico itinerario
Sono itinerari incredibili che fanno di ogni partecipante un vincitore…
Il fatto che la Parigi-Dakar non termini più a Dakar però un po’ mi dispiace, parte del suo fascino era proprio il deserto africano
Anche alcuni miei “colleghi” bikers sono dello stesso avviso. Per me potrebbero correre anche sulle colline livornesi. Sarebbe spettacolare anche lì…
Penso che il fascino del deserto africano non si possa ritrovare in altri posti pur bellissimi! ricordo anche un film che raccontava una delle prime edizioni e tutte le difficoltà lungo il percorso
Anche te una conservatrice delle dune…probabilmente avete ragione. Esiste un film sulla Dakar? Ti ricordi il titolo?
Interessante tutti l’excursus storico. Grazie. Che bello dev’essere andare in moto nel deserto… Mai fatto ma mi piacerebbe provare 😍
Naturalmente grazie a te. Si, guidare nel deserto dev’essere veramente bello. Prima o poi mi iscriverò ad un gruppo e proverò l’emozione. Peccato i costi elevati…
Ne sento parlare da quando ero piccola e oggi ho approfondito un pochino. Per un motociclista deve essere un sogno 🙂
Quale biker non vorrebbe aggiungere sul suo curriculum “partecipato alla Parigi Dakar “?. Wow…
La Dakar mi ha sempre affascinato. In un’osteria persa in collina ho conosciuto un pilota che l’ha corsa. I casi della vita.
… se dovesse succedere a me, prenderei il malcapitato in ostaggio per tempestarlo di domande…
Che ricordi, io ero troppo piccola ma ricordo papà incollato allo schermo. E io ammiravo i luoghi con aria sognante… che avventura dev’essere!
Deve essere un’esperienza unica sia da vedere sia, ovviamente, da vivere in prima persona!
io sono una schiappa sulle due ruote, vi invidio un po’ perchè viaggiare così deve essere davvero una sensazione unica Libertà allo stato puro
Libertà allo stato puro. Difficile aggiungere altro. Non resta che provare…
Sono affascinato dal logo della Parigi-Dakar: 4 strisce orizzontali, 4 oblique verso destra ed altre 4 verso sinistra
Tocchi di pennello che raffigurano in modo incantevole immediato il tuareg (?)
Cordiali saluti
Francesco
Linee essenziali e chiare che raffigurano il simbolo della popolazione del deserto. L’adesivo sulle moto all terrain è un must. Forse lo comprerò…